Lo smart working è una risorsa, non un ripiego
La pandemia ha cambiato ogni aspetto della nostra vita, molte delle cose che eravamo abituati a fare ora sono impossibili e, molte delle cose che vorremmo fare in modo diverso non sono ancora completamente praticabili. Ci ritroviamo, quindi, in una situazione di cambiamento continuo che non possiamo non accettare, proprio perché non ha più senso distinguere tra normalità (passata) ed emergenza.
Da questo punto di vista è impossibile non pensare allo smart working, che occupa una posizione importante nella ripresa del lavoro e della sua riorganizzazione. Con lo smart working, il dove e il quando si lavora non è più importante, perché quello che conta è trovare una modalità che possa adattarsi alla situazione migliore in funzione dei risultati.
Insomma, lo smart working non deve essere considerato come un ripiego da attuare in attesa di una ripresa, ma come una realtà che si configura e si aggiorna continuamente attorno alla persona. Questa modalità riesce ad unire la prospettiva del lavoratore, dell’azienda per cui lavora, e la prospettiva di chi gestisce l’organizzazione della città (luoghi, servizi e mobilità).
L’Istituto Toniolo, insieme a Ipsos, Comune di Milano e Acli, promuove una ricerca dal titolo “Il futuro delle città. Smart working nelle imprese milanesi al tempo del Covid-19”, e rappresenta uno strumento importante per capire come delle diverse prospettive guardano allo stesso processo: i dati derivano da un’indagine condotta sia sulle aziende che sui lavoratori.
Quello che emerge da questa ricerca risulta coerente con quello che la “società del cambiamento continuo” dovrà riuscire a gestire. Anche rispetto a degli strumenti che si inseriscono positivamente con i cambiamenti in atto, una minoranza non risulta convinta della loro utilità e non vuole adottarli, e considerando la situazione attuale del mondo, non governare l’implementazione di nuovi strumenti rischia di provare, tra le tante cose, anche inefficienze nei processi di sviluppo e instabilità politica.
La ricerca dell’Istituto Toniolo, proprio tenendo conto delle forti resistenze, parte dalla definizione di smart working, evidenziando le differenze rispetto al telelavoro, poiché l’origine di queste resistenze è legata a questo malinteso.
Il lavoro forzato da casa non piace a nessuno, durante il lockdown è stata un’esperienza negativa per lavoratori e aziende, ma la possibilità di svolgere una sana attività professionale, che non sia necessariamente vincolata a orari e luoghi prefissati, è accolta in modo positivo.
Concludendo, tutto è soggetto al cambiamento (tipo di attività, risultati, vincoli, opportunità) e di conseguenza per creare un equilibrio dinamico che funzioni dobbiamo accettare quelli che risultano essere gli strumenti adeguati.