Nuovi fondi bilaterali, è il numero di dipendenti a fare la differenza

L’articolo 9, comma 5, del decreto 228/2021, apportando delle modifiche all’articolo 28 del Dlgs 148/2015, riesce a sanare una problematica relativa ai fondi di solidarietà bilaterali.
Il Dlgs 148/2015, infatti, prevedeva una clausola particolare che voleva che nell’atto della costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali doveva essere determinata come aliquota quella prevista dal Fis per i datori di lavoro con dipendenti superiori a 15 nel mese precedente.
Quindi, questa clausola oltre a prevedere un onere contributivo che poteva dimostrarsi non in linea con quelle che sono le esigenze del nuovo fondo, ha perso di significato dopo la riforma prevista dalla legge 234/2021, riforma che ha introdotto una contribuzione in favore del Fis realizzata prendendo in considerazione le dimensioni medie aziendali pari o superiori alle cinque unità.
Con la modifica apportata dal decreto 228/2021 si risolve questa problematica, consentendo ai fondi di prevedere una contribuzione in linea con quelle ad oggi vigenti per il Fis: 0,50% per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti e 0,80% per quelli che occupano più di cinque dipendenti.
Il riordino della normativa, inoltre, ha eliminato l’assegno ordinario che, dal 2022, sarà sostituito dall’assegno di integrazione salariale. Quest’ultimo è in grado di garantire ai dipendenti delle aziende, che non rientrano nella cassa di integrazione ordinaria, una tutela relativa ai casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, che sia per causali ordinarie e/o straordinarie.
I fondi di solidarietà che verranno costituiti dal 1° gennaio 2022, in ultima analisi, dovranno poter assicurare la tutela a tutti i datori di lavoro del settore che occupano almeno un singolo dipendente. Quelli che sono già esistenti hanno tempo fino al 31 dicembre 2022 per adeguare i loro regolamenti, se non lo fanno, dal 1° gennaio 2023, tutti i datori di lavoro del determinato settore non verranno confluiti nel Fis.