La crisi del lavoro autonomo nel post Covid
La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha presentato un’indagine basata sui dati Istat, nel terzo trimestre 2021, che evidenzia un grande calo di occupati (350 mila) nell’ambito dell’occupazione autonoma. Questa situazione colpisce di più le donne e il settore del commercio, che ha una perdita di più di 190 mila autonomi.
Occupazione autonoma
Quello che emerge dai dati Istat è che l’occupazione di tipo dipendente è tornata ai livelli del 2019, mentre il lavoro autonomo fatica a riprendersi, colpendo in misura maggiore le donne e i più giovani.
La maggior parte del calo si registra tra lavoratori con un’età compresa tra i 40 e i 49 anni, e nel settore del commercio, dell’industria e dell’area di quei servizi tecnici e professionali. È il settore dell’edilizia, invece, a registrare un buon livello di occupati, vantando un incremento del lavoro autonomo negli ultimi due anni del 2,8%.
Professioni intellettuali
Anche nell’ambito professionale si registrano diverse predisposizioni. I dati non sono buoni nemmeno per le professioni intellettuali, rispetto al 2019, infatti, c’è stato un calo di 73 mila lavoratori. Ciò che penalizza questo settore è la diversità di tutela rispetto a quella presente per il lavoro a tempo indeterminato.
Secondo un’indagine condotta, nell’aprile 2021, dalla Fondazione Studi e SWG, due lavoratori autonomi su tre hanno affermato che la pandemia da Covid-19 ha avuto un effetto negativo (circa 51,8%) o, addirittura, molto negativo (14,9%) sulla propria occupazione, mentre il 53,5% ha dichiarato di aver riscontrato una riduzione del reddito.
Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, afferma che <<le prospettive per i primi mesi del nuovo anno lasciano ampi spazi di incertezza a causa delle conseguenze economiche legate all’emergenza sanitaria>>, pertanto nasce il bisogno di far partire una riflessione che giri attorno ai liberi professionisti perché́ è il lavoro autonomo a generare quello dipendente.