Riforma Pensioni: il negoziato slitta in autunno
L’obiettivo del mese di gennaio era quello di arrivare ad inserire un progetto relativo alla riforma pensioni nel DEF, cosa momentaneamente non possibile perché la priorità attuale è l’impatto della guerra, il rincaro dell’energia e delle materie prime e l’inflazione. Il confronto sull’argomento pensioni è rimandato alla NaDEF prevista per settembre; quindi, le misure raggiungeranno una concretizzazione attraverso la Legge di Bilancio 2023. Analizziamo i pro e i contro di questa scelta:
- Pro: questo slittamento concede più tempo per raggiungere e stipulare un accordo fra le varie parti sociali, cosa favorevole visto che le posizioni di ciascuna parte sono ancora lontane.
- Contro: questo slittamento potrebbe comportare il rischio di ripetere la situazione di quest’anno, ossia andare incontro ad una soluzione di compromesso che non risolva nulla.
Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, però, rassicura affermando che «Il dialogo sociale proseguirà su tutti i temi che avevamo già aperto: pensioni, precarietà, salari, misure sociali», ma bisogna pazientare poiché «la gerarchia di questi temi dopo la guerra è cambiata».
Insomma, permane l’impegno a portare a termine «le politiche strutturali già avviate, nei settori strategici della transizione ecologica e digitale, della competitività del sistema economico, della sanità e del welfare, con particolare riguardo all’assetto del sistema pensionistico».
I punti fondamentali della riforma pensioni 2023
Fondamentalmente, gli obiettivi della riforma pensioni del 2023 sono quelli concordati a inizio anno e cioè:
- La necessità di fornire nuove forme di flessibilità in uscita, che sostituiscano i modelli rigidi della Legge Fornero. Il Governo chiede di restare nel sistema contributivo, mentre i sindacati continuano ad avanzare la proposta di una pensione anticipata con 41 anni di contributi.
- La proposta di istituire una pensione dei giovani, in modo tale da offrire una garanzia per i giovani lavoratori con carriere discontinue e misure ragionevoli per le donne. A riguardo, sul tavolo è “nata” l’Opzione Donna, riforma strutturale o con una proroga lunga che possa consentire alle lavoratrici con 35 anni di contributi o, ancora, 58/59 anni di età, dipendenti o autonome, di ritirarsi “velocemente” dal mondo lavorativo.
- La previdenza complementare.