Poco lavoro e precarietà in aumento
L’ultimo rapporto Censis-UGL rivolto al mercato del lavoro in Italia ritrae una situazione critica, soprattutto per quanto riguarda le retribuzioni; infatti, viene sottolineato che per il 64,3% dei lavoratori il compenso retribuito non risulti coerente al costo della vita.
Il report, inoltre, riesce a mettere in evidenzia delle contraddizioni evidenti relative alle retribuzioni, alle tutele e ai danni di giovani (lavoratori), donne e lavoratori aventi meno qualifiche. In un mondo in cui continua a diffondersi la pratica dello smart working e si promuove la digitalizzazione, la precarietà diventa una costante: dal 2010 al 2020 sono diminuite dell’8,3% le retribuzioni lorde dei lavoratori italiani e i giovani hanno guadagnato il 40% in meno dei lavoratori “senior”. Per le donne la situazione è più critica poiché il gap retributivo è fissato al 37% in meno dei lavoratori maschi.
Questo studio non analizza solo il sesso e l’età dei lavoratori ma anche la residenza geografica, infatti, chi lavora nel Mezzogiorno guadagna all’incirca il 28% in meno dei lavoratori residenti nel Nord-Ovest. Facendo una stima è possibile afferma che il 10,4% dei lavoratori è sottopagato e la soglia mensile equivale a 953 euro per i contratti full-time e 533 euro per i contratti part-time.
Giuseppe De Rita, presidente del Censis, a tal proposito afferma che “il lavoro sta cambiando velocemente, tra smart working e nuove modalità di erogazione, ma solo nel medio lungo periodo si capirà cosa resterà, perché funziona ed è realmente apprezzato da lavoratori e aziende”.
Secondo il segretario generale dell’UGL, Paolo Capone, il mondo del lavoro negli ultimi anni è stato soggetto a molti cambiamenti e le prese di posizione poco lungimiranti della politica unite al lungo periodo emergenziale hanno portato all’accentuarsi della precarietà.