Congedo di malattia: il cambio di domicilio è da comunicare al datore
Nell’eventualità che un dipendente debba assentarsi per malattia, è tenuto ad adempiere alcuni obblighi: deve in primo luogo contattare il proprio medico di base affinché possa compilare e trasmettere in via telematica il certificato all’Inps, in secondo luogo deve essere reperibile in determinate fasce orarie per eventuali visite fiscali di controllo e infine deve evitare qualsiasi attività che possa pregiudicare lo stato di salute e ritardare il suo rientro al servizio.
Per quanto riguarda le visite di controllo, il domicilio presso il quale il dipendente è disponibile deve essere obbligatoriamente indicato nel certificato di malattia. Può verificarsi che il dipendente in malattia debba, per eventuali valide motivazioni (recarsi da un parente per essere assistito o avvicinarsi a una struttura sanitaria), cambiare il domicilio.
La modifica del domicilio deve essere comunicata anche al datore di lavoro, non solo all’Inps, poiché il dovere nei confronti del datore permane ugualmente nel periodo in cui l’attività lavorativa è sospesa per malattia.
Nella sentenza n.3679 del 25 novembre, la Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore di un’azienda, ritenuto colpevole di non aver comunicato alla stessa, durante l’assenza per malattia, il cambio di indirizzo di reperibilità ed essere risultato, quindi, assente alla visita fiscale.
Per la Corte di legittimità, però, la variazione dell’indirizzo di reperibilità non riguarda solo la necessità di poter effettuare le visite di controllo nelle fasce orarie in cui il dipendente è tenuto ad essere nella propria abitazione e, soprattutto, il congedo di malattia non interrompe il rapporto contrattuale.
È vero che la verifica riguardo le condizioni di salute non è un campo che appartiene al datore di lavoro, ma è altrettanto vero che quest’ultimo deve sempre poter essere nella posizione che gli permetta di esercitare il suo potere di controllo anche se il dipendente è in malattia.
La Cassazione afferma, al proposito, che il datore di lavoro, tralasciando le verifiche sanitarie che non sono di sua competenza, può esercitare il suo “potere” per compiere accertamenti che possano far emergere l’inidoneità della malattia a impedire l’attività lavorativa.
Concludendo, gli accertamenti delle agenzie sono espressione del potere di controllo datoriale che permane durante il congedo per malattia e, a sua volta, l’obbligo di reperibilità del dipendente nei confronti del datore si osserva come dovere e principio di correttezza nell’attuazione del contratto di lavoro.